Razionale. Sono state recentemente sviluppate funzioni di rischio per la stima del rischio cardiovascolare specifiche per la popolazione italiana. È possibile che il loro impiego, in sostituzione dell’algoritmo di Framingham, per stimare il rischio e porre l’indicazione alla terapia ipocolesterolemizzante modifichi in misura consistente la frequenza di prescrizione delle statine in prevenzione primaria.
Materiali e metodi. Due differenti algoritmi nazionali, quello del Progetto CUORE e quello incorporato nel software Riscard 2002, sono stati confrontati con l’algoritmo di Framingham in una corte di 517 pazienti dislipidemici asintomatici, giunti consecutivamente ad un ambulatorio metabolico. Le tavole di contingenza e la stima del valore kappa sono state utilizzate per analizzare il grado di accordo tra le diverse metodiche, sia nel classificare i pazienti in predefinite categorie di rischio, sia nell’identificare quelli da indirizzare alla terapia con statine, secondo le raccomandazioni di due distinti set di linee guida: l’Adult Treatment Panel III ed i criteri di rimborsabilità delle statine previsti dal Servizio Sanitario Nazionale italiano.
Risultati. Entrambe le funzioni di rischio italiane hanno dato stime più basse del rischio rispetto all’algoritmo di Framingham. Un basso grado di concordanza è comunque emerso anche tra i due algoritmi italiani, con stime costantemente più basse ottenute con il Riscard 2002. Di conseguenza, meno pazienti sono stati selezionati per la terapia dai due algoritmi italiani. Tuttavia, la frequenza di prescrizione è emersa come prevalentemente condizionata dal set di linee guida utilizzato per definire l’indicazione al trattamento, indipendentemente dal metodo usato per la stima del rischio.
Conclusioni. Il nostro studio conferma come, utilizzando diverse funzioni di rischio, la stima del rischio cardiovascolare cambia in misura consistente nel paziente dislipidemico, con ripercussioni sulla frequenza di prescrizione delle statine. Tuttavia, quest’ultima è prevalentemente influenzata dalla linea guida impiegata per selezionare i pazienti da trattare. Inoltre, i due algoritmi specifici per la popolazione italiana disponibili attualmente danno stime del rischio molto differenti, il che suggerisce la necessità di ulteriori verifiche della loro accuratezza.