Lo scompenso cardiaco nell’anziano può essere considerato tra le grandi “sindromi geriatriche” per la complessità dei quadri clinici che lo caratterizzano e per la frequente concomitanza di condizioni morbose associate ed alterazioni di differente gravità dello stato funzionale. È necessario sottolineare inoltre che, in uno scenario così articolato, la gravità del quadro clinico, che in età non geriatrica è legata esclusivamente al grado di compromissione anatomo-funzionale cardiaca ed ai relativi squilibri del compenso emodinamico, nell’anziano viene amplificata da un alterato standard biologico ed anatomo-funzionale età-correlato su cui si innesta la cardiopatia e da meccanismi a cascata che comportano l’inevitabile coinvolgimento e deterioramento di altri organi e apparati.
Nonostante le recenti acquisizioni in tema di approccio clinico, diagnostico e terapeutico allo scompenso cardiaco, l’incidenza e la prevalenza di tale sindrome registrano un costante incremento. I dati epidemiologici indicano come lo scompenso cardiaco e le riacutizzazioni ad esso correlate rappresentino un problema rilevante del paziente in età geriatrica con marcate ripercussioni a livello socio-economico-sanitario. La mancanza di studi osservazionali di tipo prospettico spiega perché, attualmente, non disponiamo di informazioni adeguate sulle cause, cardiache ed extracardiache, responsabili di riacutizzazione dello scompenso cardiaco nell’anziano e che, secondo alcuni autori, risultano non identificabili in oltre il 40% dei casi. Di qui la necessità di studi osservazionali longitudinali, il cui obiettivo generale dovrà essere l’identificazione prospettica del rischio di riospedalizzazione, e dei fattori ad essa associati, di pazienti anziani affetti da scompenso cardiaco.