Studi recenti suggeriscono che la disfunzione ventricolare sintomatica ed asintomatica sono gravate da un rischio annuale di ictus di circa l’1.2%. È possibile inoltre che molti decessi per morte improvvisa in questi pazienti siano secondari non ad aritmie ma ad episodi occlusivi vascolari.
L’anticoagulazione può ridurre l’incidenza di embolie ma non è stato ancora ben chiarito se questa procedura è necessaria in tutti i pazienti con scompenso cardiaco anche se in ritmo sinusale. I risultati di alcuni piccoli studi prospettici ed osservazionali sono contrastanti.
Attualmente questa terapia è indicata solo nei sottogruppi di pazienti ad alto rischio embolico: fibrillazione atriale, trombi mobili/protrudenti/irregolari, trombosi ventricolare acuta postinfartuale o storia di recente embolia sistemica o polmonare. Incerto è anche l’uso dell’acido acetilsalicilico per la prevenzione tromboembolica nei pazienti con disfunzione ventricolare.
Siamo in attesa perciò dei risultati dei trial in corso quali il WATCH (Warfarin and Antiplatelet Therapy in Chronic Heart Failure) e il WARCEF (Warfarin Versus Aspirin in Reduced Ejection Fraction) e di quelli sui nuovi inibitori orali diretti della trombina (ximelagatran).
È giunto il momento di conoscere per una patologia tanto diffusa, in quali casi è effettivamente necessaria una profilassi antitrombotica.