Razionale. Scopo di questo studio è stato analizzare mediante follow-up clinico-angiografico di 7 ± 1.5 mesi l’efficacia e la sicurezza della radioterapia intracoronarica beta (32P) nel trattamento di pazienti con ristenosi intrastent ad elevato rischio.
Materiali e metodi. Sessantanove pazienti (77 lesioni) affetti da ristenosi intrastent ad elevato rischio (lunghezza media lesione 30.3 ± 16.1 mm, pattern III-IV 57.2%, diabetici 33.3%) sono stati trattati con procedura di dilatazione percutanea e successiva irradiazione coronarica beta (32P) alla dose di 20 Gy 1 mm nella parete del vaso.
Risultati. Un paziente (1.4%) ha presentato infarto miocardico non Q peri-procedurale. Ad un follow-up di 6 mesi 1 paziente (1.4%) è deceduto (in seguito ad intervento di bypass) e 3 (4.3%) hanno presentato infarto miocardico non Q; tra questi in 2 l’evento è stato secondario a trombosi tardiva causata da sospensione anticipata della terapia antiaggregante combinata. Ristenosi angiografica è stata riscontrata in 20 lesioni (25.9%) considerando il segmento totale di analisi e in 9 (11.6%) a livello dello stent. Rivascolarizzazione del vaso target è stata eseguita in 21 (30.4%) pazienti. Al follow-up angiografico i pazienti con lesioni intrastent segmentarie (>/=30 mm), ostiali o localizzate in piccolo vaso non hanno presentato maggior incidenza di ristenosi. Al contrario i soggetti con ristenosi ostruttiva hanno mostrato maggior rischio di recidiva.
Conclusioni. La brachiterapia coronarica con radiazioni beta (32P) rappresenta un trattamento sicuro ed efficace anche nelle ristenosi intrastent ad elevato rischio (diffuse, nei piccoli vasi, ostiali). Al contrario, la presenza di ostruzione intrastent basale determina, nonostante la brachiterapia, ristenosi tardiva in alta percentuale.