Razionale. Scopo del lavoro è stato definire le caratteristiche, il trattamento e l’outcome dei pazienti con sindrome coronarica acuta ricoverati in Emilia Romagna, regione italiana con una popolazione di circa 4 milioni di abitanti.
Materiali e metodi. Dal 10 gennaio al 12 marzo 2000 è stata eseguita una raccolta prospettica di dati in 24 delle 27 cardiologie della regione, su 1074 pazienti consecutivi dimessi con diagnosi di sindrome coronarica acuta.
Risultati. Nel 41% l’elettrocardiogramma all’ingresso evidenziava un sopraslivellamento del tratto ST, nel 54% non era presente un sopraslivellamento ST, il 5% presentava un blocco di branca sinistra completo o aveva un ritmo ventricolare indotto da pacemaker definitivo. La diagnosi di dimissione è stata di infarto miocardico Q nel 43%, di infarto miocardico non Q nel 26% e di angina instabile nel 31%. L’uso di terapia antiaggregante, betabloccanti, ACE-inibitori e di un trattamento antitrombinico nei pazienti con sopraslivellamento ST è stato del 96, 62, 56 e 93% rispettivamente, mentre nei pazienti senza sopraslivellamento ST è stato del 93, 63, 53 e 87% rispettivamente. La coronarografia, l’angioplastica coronarica e il bypass aortocoronarico sono stati eseguiti durante la degenza nel 31, 15 e 1% dei pazienti con sopraslivellamento ST durante il primo ricovero e nel 43, 15 e 5% dei soggetti senza sopraslivellamento ST. Tra i pazienti con sopraslivellamento ST il 61% ha ricevuto una terapia di riperfusione; il 58% ha eseguito la fibrinolisi, il 3% l’angioplastica primaria. La mortalità intraospedaliera per i pazienti con sopraslivellamento ST è stata 10%, per quelli senza sopraslivellamento ST 3%, nei soggetti con blocco di branca sinistra completo o ritmo ventricolare indotto da pacemaker definitivo 8%. A 6 mesi la mortalità nei due gruppi è stata rispettivamente 16, 8 e 18%.
Conclusioni. I nostri dati dimostrano che in questi pazienti la terapia farmacologica è effettuata secondo le indicazioni delle linee guida. Ciò si associa a un’incidenza di eventi confrontabile con quella osservata nei trial clinici. Esiste tuttavia un ampio spazio di miglioramento per le strategie terapeutiche invasive.