L’ipertensione polmonare cronica tromboembolica è dovuta a tromboembolia polmonare non risolta o ricorrente. La reale prevalenza non è nota: negli Stati Uniti si calcola che lo 0.1-0.5% dei sopravvissuti vada incontro a tale quadro, ma non si sa in che modo, né in quanto tempo ciò si realizzi.
L’ipertensione polmonare non è di facile riconoscimento; si nota un ritardo fino a 3 anni tra i primi sintomi e la diagnosi. La sopravvivenza a 5 anni va dal 10 al 30% a seconda dei valori di pressione arteriosa media in arteria polmonare (rispettivamente > 50 e > 40 mmHg). Un ruolo essenziale nello screening è svolto dall’ecocardiografia Doppler; la scintigrafia può fornire indicazioni sulla genesi dell’ipertensione polmonare, ma l’indagine fondamentale è l’angiografia che consente la diagnosi differenziale ed offre informazioni sull’entità e la sede della compromissione dell’albero vascolare in vista di un possibile trattamento chirurgico. Questo consiste in una tromboendoarteriectomia polmonare, cioè nella rimozione di trombi cronici a livello prossimale. Nella maggioranza dei pazienti si assiste ad immediata riduzione della pressione polmonare con miglioramento della qualità di vita e sopravvivenza a 3 anni > 80%. Quando le lesioni sono distali l’unica alternativa chirurgica è rappresentata dal trapianto polmonare.