Nel 5-30% dei pazienti sottoposti a procedure percutanee si osserva un incremento dei marcatori biochimici di danno miocardico che appare associato ad un aumento di eventi cardiovascolari e di mortalità. La causa di tale evento può essere una complicazione procedurale evidente all’angiografia, ma altrettanto spesso è clinicamente ed angiograficamente non chiara. Lo studio di differenti serie cliniche ha chiarito che le cause dell’incremento postprocedurale di CK-MB sono multifattoriali e comprendono fattori clinici quali una malattia aterosclerotica più diffusa ed instabile e procedure interventistiche più aggressive come l’ateroablazione. La microembolizzazione di aggregati piastrinici, materiali lipidici di placca e costituenti della matrice sottoendoteliale appare il più probabile meccanismo patogenetico. Farmaci quali gli inibitori della glicoproteina IIb/IIIa e, probabilmente, i betabloccanti sono risultati efficaci nel ridurre gli infarti periprocedurali e la mortalità a distanza. Nuovi sistemi di protezione distali durante le procedure interventistiche endovascolari sono in studio ed appaiono promettenti.
La stima del rischio di indurre danno miocardico durante una procedura percutanea e la messa in atto di tutte le misure farmacologiche o tecniche per prevenire tale danno dovrebbe costituire norma clinica prima e durante l’intervento.