I limiti logistici dell’angioplastica primaria, che rappresenta la miglior terapia riperfusiva dell’infarto miocardico acuto, hanno lasciato spazio alla ricerca di un trattamento farmacologico più efficace della fibrinolisi che rappresenta tuttora la terapia standard più utilizzata. L’aggiunta di un inibitore del recettore piastrinico glicoproteico IIb/IIIa come l’abciximab al litico si è rivelata in grado di ottenere la miglior riperfusione possibile (flusso TIMI 3 a 90 min nell’80% circa dei pazienti) in studi di “dose-finding” e “dose-confirmation”.
Lo studio GUSTO V di fase III, pur avendo fallito nel raggiungimento dell’endpoint primario (riduzione di almeno un punto percentuale nella mortalità rispetto al solo trombolitico) rappresenta un passo avanti per la riduzione delle principali complicanze non letali dell’infarto miocardico acuto e conferma che la direzione per il futuro è la combinazione dei diversi trattamenti disponibili sia farmacologici che interventistici. La collaborazione tra centri con diversi livelli di risorse è la vera sfida per ridurre la mortalità dell’infarto miocardico transmurale.