Il presupposto fisiopatologico della terapia di resincronizzazione cardiaca è rappresentato dalla dissincronia di contrazione ventricolare in presenza di blocco di branca sinistra, il cui frequente riscontro in pazienti con cardiomiopatia dilatativa costituisce un fattore prognosticamente sfavorevole. Una terapia elettrica che si dimostri capace di ristabilire la giusta sequenza di sincronizzazione dell’attivazione ventricolare comporta la possibilità di un consistente miglioramento emodinamico e, di conseguenza, clinico. In effetti il pacing biventricolare o della parete libera del ventricolo sinistro ha dimostrato in studi a breve o lungo termine, di migliorare la funzione sistolica, di ridurre i diametri ventricolari e l’attività adrenergica ed in alcuni studi a lungo termine ha determinato risultati favorevoli su endpoint surrogati quali capacità funzionale, qualità di vita e riospedalizzazioni. La variabile più importante per prevedere il successo emodinamico in acuto nella maggioranza degli studi era la larghezza del QRS (>/=150 ms) mentre i dati del registro InSync hanno dimostrato un miglioramento anche nei pazienti con QRS < 150 ms come pure nei pazienti con fibrillazione atriale, il che fa ipotizzare che forse siano più importanti particolari sequenze di attivazione delle varie regioni miocardiche, rispetto alla durata del QRS. I criteri di inclusione più comunemente adottati nei trial pubblicati o in corso sono, oltre alla durata del QRS, scompenso cardiaco avanzato (classe funzionale NYHA III-IV) in terapia medica ottimizzata; frazione di eiezione 60 mm; presenza di insufficienza mitralica telediastolica; non indicazione a stimolazione elettrica per indicazioni convenzionali. Mentre cominciano ad essere divulgati i risultati dei primi studi che mostrano significativi benefici clinici, non sappiamo ancora se tutto ciò si traduca in miglioramenti a lungo termine ed in un rallentamento della progressione dello scompenso cardiaco con riduzione di mortalità. In attesa che studi di maggiori dimensioni chiariscano tali quesiti, ci sembra che tale terapia oggi possa essere prudenzialmente impiegata, anche in accordo con le linee guida della Società Europea di Cardiologia in pazienti selezionati sulla base dei criteri di inclusione sopradescritti.