Nei paesi industrializzati l’arresto cardiaco costituisce una delle più importanti cause di mortalità ed è prevalentemente dovuto a cardiopatia ischemica. In Italia, secondo le stime dell’ISTAT, le morti improvvise sarebbero circa 45 000 per anno, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’incidenza sarebbe pari a 1/1000 abitanti/anno. L’evento che più frequentemente causa l’arresto cardiaco è la fibrillazione ventricolare, indotta da eventi ischemici acuti. Nel corso di un episodio ischemico l’innesco di un’aritmia ipercinetica ventricolare è improvviso, imprevedibile, frequentemente irreversibile e letale. Per ogni minuto che trascorre dopo l’arresto la possibilità di sopravvivenza del paziente scende del 10%. I primi 10 min vengono pertanto considerati “d’oro” al fine di un soccorso efficace. La possibilità di sopravvivenza è legata alla presenza di testimoni, al ritmo riscontrato dai soccorritori ed all’interruzione dell’aritmia, ottenibile nella maggior parte dei casi con la defibrillazione elettrica, cui consegue il ripristino della funzione sistolica.
Per fronteggiare l’arresto cardiaco sul territorio non è sufficiente il potenziamento dei mezzi di soccorso, occorre soprattutto un’idonea strategia di intervento. Si tratta di addestrare e rendere operativo il personale in grado di intervenire con la massima rapidità, possibilmente entro i primi 5 min. La chiave di volta del sistema risiede nella diffusione dei defibrillatori e nel loro uso corretto. La disponibilità delle apparecchiature di nuova generazione, i defibrillatori automatici esterni (DAE), ne favorisce l’impiego allargato. I modelli di risposta sul territorio sono affidati al Sistema 118, basato sulla concertazione regolata tra la Centrale Operativa, gli equipaggi ed i mezzi di soccorso, secondo le caratteristiche specifiche di ciascuna Regione.
I modelli di risposta all’interno dell’ospedale sono stati proposti dalla Conferenza di Bethesda e tendono a garantire un’efficace rianimazione con un massimo di latenza di 2 min tra l’arresto ed il primo shock elettrico.
La diffusione dei DAE è una scelta di prevenzione, grazie al loro impiego la defibrillazione precoce è stata operata con successo da figure laiche di primo soccorso. Si tratta di apparecchiature dotate di un software capace di riconoscere automaticamente i ritmi defibrillabili e di istruire a viva voce l’operatore sulla necessità o meno di premere il pulsante di defibrillazione. Le apparecchiature più recenti erogano lo shock mediante onda bifasica: con tale innovazione è sufficiente una minore disponibilità di energia, fornita da condensatori più leggeri che consentono la produzione di apparecchiature del peso di un paio di kg. Per ragioni di priorità, come suggerito da ILCOR, oltre che nei reparti ospedalieri e nelle ambulanze, i defibrillatori andrebbero collocati sul territorio a partire dalle sedi di maggior affollamento. Dotando di DAE i luoghi ad alta incidenza si dovrebbe ottenere una riduzione dei tempi di intervento ed un aumento della sopravvivenza. Le linee guida ILCOR hanno proposto una squadra itinerante attrezzata per la defibrillazione, da istituirsi coinvolgendo ed addestrando personale di Corpi dello Stato tra cui la Polizia Municipale, la Polizia Stradale ed i Vigili del Fuoco. Quanto alla maggior parte delle aritmie defibrillabili, riscontrabili a domicilio o in luoghi pubblici a bassa frequentazione, si dovranno individuare altre strategie tra cui la collocazione decentrata di defibrillatori, la prevenzione primaria e l’educazione delle categorie a maggior rischio.
Per molto tempo i farmaci antiaritmici sono stati considerati il rimedio più efficace per la prevenzione ed il trattamento delle tachiaritmie ventricolari. Negli ultimi anni, l’approccio è completamente cambiato a motivo delle evidenze accumulate a favore dei defibrillatori impiantabili per la prevenzione primaria e secondaria delle aritmie ventricolari maligne. Gli studi randomizzati hanno dimostrato i vantaggi dei defibrillatori impiantabili rispetto alla terapia medica nei pazienti con precedente arresto cardiaco e su tali basi sono state revisionate le linee guida per l’impianto dei presidi antiaritmici.
Le disposizioni giuridiche di molte Nazioni dei paesi occidentali sono state recentemente rinnovate. Negli Stati Uniti, ove esiste la “Legge del Buon Samaritano”, per proteggere/scagionare le persone che agiscano con l’intento di prestare soccorso, molti Stati hanno adottato nuove Leggi a favore dell’impiego dei DAE. Dopo la recente disposizione del Presidente statunitense a favore della collocazione di defibrillatori negli edifici federali e sugli aerei, sta per essere varata una nuova Legge Federale.
In Italia manca una legislazione riguardante l’impiego dei defibrillatori: per ordinare la materia, che risulta ancorata alle vigenti disposizioni del Codice Civile e Penale, tra cui quelle riguardanti l’omissione di soccorso, è stata recentemente presentata una proposta di legge dal titolo “Definizione e modalità di utilizzo del defibrillatore cardiaco esterno”.