L’ipertensione è la conseguenza di una complessa alterazione del rapporto tra flusso ematico e resistenza vascolare. Tale resistenza ha una componente sistolica, offerta dalle grandi arterie di conduttanza, ed una diastolica generata dalle resistenze periferiche, che regolano il flusso periferico diastolico generato dal ritorno elastico delle arterie di conduttanza. Se la resistenza a tale flusso è aumentata, la pressione diastolica aumenta. Quando l’elasticità delle arterie di conduttanza viene meno, la forza di spinta delle pareti arteriose durante la diastole ventricolare si riduce e, di conseguenza, la pressione diastolica diminuisce. A causa della perdita di elasticità, la forza di espulsione del ventricolo non viene più attutita dalla distensione arteriosa, e la “risacca” che l’onda pulsatoria genera torna verso il cuore anticipatamente, causando un aumento della pressione sistolica. Tale aumento insieme con la riduzione della pressione diastolica si traduce in un aumento della pressione differenziale, che rappresenta, pertanto, in condizione di normale gittata sistolica, un segno di compromissione del sistema arterioso di conduttanza. In ogni condizione in cui la pressione diastolica diminuisce, l’aumento della pressione sistolica diventa anche funzionale al mantenimento della pressione media “di regime”. Tale pressione media può essere normale od elevata. Quindi, la valutazione della pressione arteriosa va fatta complessivamente, considerando tutte le sue componenti. Un’ipertensione sistolica con pressione media normale suggerisce ovviamente che le resistenze periferiche non sono sostanzialmente alterate (in termini assoluti). In questo contesto l’entità definita come ipertensione sistolica isolata dovrebbe essere distinta in un tipo a normali resistenze ed uno ad elevate resistenze, se associata ad elevata pressione media (indipendentemente dal riscontro di pressione diastolica elevata). In questo caso, l’elevazione della pressione differenziale è più probabilmente l’epifenomeno di una grave compromissione dell’intero sistema arterioso e quindi di un danno d’organo più avanzato.