Il successo della terapia dell’infarto miocardico acuto (IMA) dipende dalla precocità dell’intervento e dalla capacità intrinseca alla terapia stessa di ripristinare un flusso coronarico efficace fino al microcircolo. La trombolisi e l’angioplastica (PTCA) primaria, finora spesso considerate alternative, continuano a dimostrare individualmente significative percentuali di insuccesso nel “mondo reale” sia per cause fisiopatologiche (fallimento di ricanalizzazione a livello dell’occlusione, fenomeno del “no-reflow” e riocclusione subacuta) che per ritardi nell’accesso alle cure.
Sono attualmente in corso numerose ricerche mirate all’ottimizzazione fisiopatologica della strategia delle cure che prevedono la sintesi di farmaci trombolitici più efficaci nonché l’utilizzo differenziato della PTCA primaria, della trombolisi preospedaliera e della PTCA di salvataggio al variare del rischio individuale dei pazienti. Tuttavia i problemi logistici, tecnici ed organizzativi che si incontrano quotidianamente potrebbero causare ritardi significativi nell’accesso alle cure, e quindi ridurre se non perdere il beneficio ottenuto anche con una strategia così ottimizzata. Per migliorare i risultati della terapia dell’IMA è quindi necessario realizzare, oltre alla modifica dei protocolli terapeutici, una modifica dei percorsi organizzativi extra ed intraospedalieri che consentano, al variare del rischio individuale dei pazienti, una somministrazione quanto più precoce possibile della terapia farmacologica ottimale, la valutazione dello stato di riperfusione, l’accettazione del paziente al ricovero e/o se necessario il trasferimento dei pazienti con IMA ad alto rischio verso centri con disponibilità di effettuare procedure interventistiche d’emergenza direttamente in sala di emodinamica senza il transito per l’unità di terapia intensiva.
Proponiamo un semplice modello di gestione dei pazienti con IMA, applicabile in Italia, basato sulla stratificazione clinica del rischio, sul collegamento telematico tra i vari punti chiave della catena di cura e sulla riorganizzazione dell’accettazione al ricovero che potrebbe ridurre i tempi medi di accesso alla terapia di 90-120 min e quindi migliorare la mortalità per IMA.